Hamsik esclusivo: “Sarri maestro, ma ci riempiva la testa di…”

Che facciamo Hamsik, la chiamiamo mister?
«Eh sì, le piaccia o no…».

Fa un po’ vecchio e anche un po’ strano…
«Bisogna accettare il cambiamento e comunque mi sento un ragazzino, anzi lo sono: comincio ora una nuova vita, la voglio scoprire per intero».

Neanche un po’ di nostalgia in questa sua prima estate da ex?
«Niente. Non ho toccato, e penso di non aver visto, neppure un pallone. Pensavo di poter riposare un pochettino e invece niente, con i bimbi non si può. Ma ora sono ricominciate le scuole…».

E lei se n’è andato in ritiro.
«Siamo in prossimità di Bratislava, in un centro meravigliosamente all’avanguardia. Venerdì ci giochiamo una partita importante con il Portogallo, una delle squadre più forti al mondo, che potrebbe metterci in condizione vantaggiose se riuscissimo a far punti. Non sarà facile, anzi sappiamo che sarà durissima, ma questa è una gara che va dedicata alla nostra gente: Se consente: al Popolo».

Hamsik sarà in panchina, ma da collaboratore di Francesco Calzona, il ct italiano della Slovacchia.
«Non so cosa farò, deciderà il mister».

Glielo diciamo noi: sarà al suo fianco.
«Sono qua per imparare e sono curioso di farlo, senza avere fretta. Ho già il mio bel tesserino da allenatore, la Licenza A, quella che mi consente di allenare l’Under 19. Ho la mia Academy, con 400 bambini, ai quali spero di poter offrire qualcosa del mio vissuto. Ma per dare devo ancora ricevere, dunque ascolto e memorizzo».

Parte dalla Nazionale.
«Ho un percorso da fare, c’è stata questa possibilità e l’ho colta. Sono, chiaramente, legato alla mia terra e non mi sembra vero poter restituire operativamente l’affetto che chiunque mi ha fatto sentire».

Lei spinse per Calzona ct, e questi ha esplicitamente chiesto alla Federazione di avere Hamsik tra i suoi.
«C’è un gran bel clima, qua. Uno staff che trasmette certezze e leggerezza. C’è tecnologia, competenza, innovazione. E c’è poi anche la risposta del campo: siamo in corsa per andare alla fase finale dell’Europeo e lo scontro con il Portogallo lo affrontiamo ovviamente da sfavoriti ma stando avanti in classifica. Chi l’avrebbe detto?».

Lei, forse: che Calzona l’ha conosciuto cinque anni fa.
«Era il vice di Sarri, ma lo faceva in maniera attiva e propositiva, con idee di gioco che adesso valgono risultati per la Slovacchia. La nostra Federcalcio ha avuto la bontà di credere in lui e ora c’è entusiasmo, condivisione da parte di tutti, soprattutto dei calciatori, che sono attratti».

Scherziamo un po’: Hamsik con Lobotka, Skriniar, Gyomber parlerà in italiano…?
«Volendo, potrei anche con qualche altro: ci sono Duda e Suslov del Verona; Kucka, Haraslin e Hancko che sono stati in Serie A; c’è Paolo De Matteis, il technical staff manager, che mi fa leggere in anteprima i suoi libri e così mi rende sempre più padrone della lingua».

Ha ancora casa a Castel Volturno.
«Sono italiano dentro, perché la mia vita si è sviluppata per venti anni in una terra in cui mi hanno voluto bene e tanto. Vengo spesso a Napoli, ci sono stato tre giorni in questa estate, e ci tornerò – magari a Natale – per almeno due settimane. Ho amici, interessi, sentimenti».

Produce e vende vino.
«E mi dà soddisfazioni pure questa nuova esperienza».

La partita d’addio non l’ha fatta.
«Mai dire mai. Ci avevano pensato al Trabzonspor, ma in estate sarebbe stata un’impresa. Può darsi la faccia al “Maradona”, ne ho parlato con De Laurentiis, capiremo rapidamente se ci sono le condizioni, perché i calendari così intasati non facilitano l’organizzazione».

Su Lobotka diede un bel consiglio a Giuntoli, quando glielo chiese.
«Mi piace vincere facile, a volte. Era semplice per me, sapevo quanto valesse Stanislav, come calciatore e come uomo. Non mi sarei mai potuto sbagliare».

Chi conquisterà lo scudetto?
«Uffff… Alla terza giornata di campionato non si può dire, si rischiano figuracce, come ha insegnato il Napoli di Spalletti. Però l’Inter è partita molto bene, viene dalla finale di Champions, quindi ha consistenza e proverà a strappare il titolo al Napoli. Non dimentico Milan e Juventus, i valori delle squadre si conoscono, Garcia ha uomini di spessore, un progetto che va avanti ormai da un decennio, Osi e Kvara; però anche le altre sono attrezzate».

Non le chiederemo per chi tifa…
«Non glielo direi… (risatona)».

Hamsik ce l’ha fatta in Turchia.
«Ed è stata una gioia immensa, che non avrei mai immaginato di conoscere. Sono grato al Trabzonspor, che mi ha offerto la possibilità di misurarmi in una realtà insolita per me e di farlo da protagonista, riuscendo ad ottenere un risultato straordinario per il club ma pure per me stesso».

Ha vinto meno di quello che un talento come il suo avrebbe meritato.
«È andata così ma non ho rimpianti. Mi sarebbe piaciuto riuscirci con il Napoli, per vivere l’entusiasmo di quella città che sento mia. Ma ho avuto modo di sentirmi felice egualmente, perché le Coppe Italia e la Supercoppa non si dimenticano. E anche tutte le emozioni che comunque abbiamo condiviso».

Quando avrà una squadra, con quale calcio s’immagina?
«Ho avuto modo di acquisire nozioni che ho fatte mie e l’Italia è stata la mia scuola: cercherò di portare in campo quello che ho appreso, uno stile di gioco che vi appartiene, che mi ha conquistato, che ho avuto modo di apprezzare, che diverte».

Se possiamo dirlo in numeri, par di capire: 4-3-3. Cioè Sarri, cioè Zeman che lei conobbe agli inizi, cioè Spalletti che ha apprezzato da lontano.
«Direi di sì. Mi è piaciuto questo modello di interpretazione, mi ha dato tanto, anche se ho avuto modo di giocare in vari modi diversi».

Tanti allenatori ma lei può sceglierne solo uno.
«Dico Sarri, nonostante fosse molto impegnativo, per così dire. Ci diceva tante cose, a volte mi chiedevo anche: ma perché? A cosa ci servono? Ci riempiva la testa, se posso usare una frase che può rendere bene il concetto. Aveva ragione lui, probabilmente».

Oggi si trova già a ragionare da tecnico?
«Oggi sto studiando».

La tattica che ruolo ha, nella sua visione contemporanea?
«È sempre stata prioritaria, ora lo diventa maggiormente. E se hai avuto modo di giocare in Italia, ti rendi conto dei motivi».

Si può dire che lei abbia lasciato ieri, e già ci troviamo a chiederle: ma questo calcio come lo osserva?
«Nei suoi cambiamenti, che sono netti e a volte anche radicali. Ho avuto modo di accorgermi di tutto, ci mancherebbe, ma da domani in poi dovrò calarmi nel cervello dei calciatori, tutti, nessuno escluso».

Nel gennaio del 2019 se ne andò in Cina, tornasse indietro lo rifarebbe?
«È stata una esperienza che mi ha arricchito, in ogni senso, per conoscenze calcistiche, culturali e anche per danaro».

Gli arabi sono i “nuovi” cinesi?
«Mi sembra che si siano portati avanti, acquistano giocatori giovanissimi, riescono a portare da loro talenti insospettabili. Hanno la voglia di incidere in maniera possente e anche immediata. E se mi domanda, ma ci saresti andato? rispondo di sì, senza alcuna ipocrisia. Non sono venale, ma certe proposte – pure per la loro portata professionale – non vanno ignorate».

Venerdì, Hamsik si cala in un altro ruolo; sabato, sulla panchina della Nazionale Italiana, toccherà a Spalletti immergersi nella parte del commissario tecnico.
«Fino al momento in cui Mancini si è dimesso, non ci avrei pensato. Ma non appena è venuta fuori la notizia, quello è stato il primo nome che mi è venuto in mente. Lo spettacolo del Napoli è stato così incantevole che non poteva non condurre a lui. Penso sia stata la decisione più giusta».

Ci può togliere una curiosità, definitivamente: ma Hamsik è destro o è sinistro…?
Sorriso smagliante, un attimo di silenzio. «È stato bello, Napoli. È stato bello, Italia».

Appuntamento all’Europeo, Marek.
«Magari. Ci crediamo tutti».

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